DUE IMPORATANTI CAMBIAMENTI IN MATERIA DI TERRE E ROCCE DA SCAVO

La normativa sulle “terre e rocce da scavo” ha fatto registrare alla fine del mese di giugno, due importanti cambiamenti per gestire i materiali da scavo come “sottoprodotti” ed quindi non essere considerati rifiuti.

 Il primo cambiamento è il decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 (cd “Decreto Fare“), pubblicato sulla G.U. del 21 giugno 2013 e in vigore dal 22 giugno 2013, ha limitato l’azione del D.M. 161/2012 solo “alle terre e rocce da scavo che provengono da attività o opere soggette a valutazione d’impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale”.

L’articolo 41, comma 2 del DL 69/2013 ha infatti inserito, all’articolo 184-bis del D.Lgs. 152/2006, il nuovo comma 2-bis: “Il decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 10 agosto 2012, n. 161, (….), si applica solo alle terre e rocce da scavo che provengono da attività o opere soggette a valutazione d’impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale. Il decreto di cui al periodo precedente non si applica comunque alle ipotesi disciplinate dall’articolo 109 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152” relativo alla immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte.

Il secondo cambiamento è stato introdotto dalla legge di conversione (legge 71/13) del dl 43/2013 (cd “DL emergenze”) dove l’art 8 bis stabilisce che alla gestione delle terre e rocce da scavo (fuori dal regime dei rifiuti) provenienti da cantieri cd di piccole dimensioni, la cui produzione non supera i 6000 mc di materiale, continuano ad applicarsi le disposizioni stabilite dall’art 186 del D.Lgs 152/06. Si ricorda che il DL emergenze ha di fatto “riesumato” l’art 186 D.Lgs 152/06 in quanto era stato abrogato ad ottobre ’12 con l’entrata in vigore del D.M. 161/12. Tale provvedimento ha comunque carattere temporaneo e avrà valenza fino alla adozione di una futura disciplina di semplificazione amministrativa per i cd piccoli cantieri prevista dall’art 266 del D.Lgs 152/06.

La riesumazione dell’articolo 186 dovrebbe sancire l’applicabilità delle modalità operative della gestione delle terre e rocce da scavo riportate nella Delibera Regionale 2424/08 e la relativa modulistica, che facevano riferimento proprio a questo articolo.

A seguito dell’entrata in vigore del “Decreto Fare” e del ”DL emergenze”, rimane incerta la gestione delle terre e rocce da scavo per i cantieri non soggetti a VIA – AIA con volumi di scavo superiori a 6 mila/mc di materiale. In questo ultimo caso di dubbia interpretazione, non rimarrebbe altro che utilizzare le indicazioni generali sui sottoprodotti specificate nell’art. 184 bis D.Lgs 152/06 e s.m.i, non negando una certa difficoltà di applicazione alle terre e rocce da scavo che necessiterebbero di specifiche regole di ordine procedurale.

Si ricorda inoltre che il riutilizzo delle “terre e rocce da scavo” nello stesso sito è soggetto all’applicazione dell’articolo 185 del D.Lgs 152/06 e alle disposizioni della DGRV 794/09 che prevede ai fini della dimostrazione che il materiale di scavo non è contaminato l’esecuzione di una indagine ambientale condotta con le modalità previste al punto 2 dell’allegato A della Dgrv 2424/08.

Il  D.L. n. 69/2013 (art. 41, comma 3) introduce un’altra novità relativa proprio all’art. 185. L’art. 3 del d. l. 25 gennaio 2012, n. 2, aveva stabilito:

Fermo restando la disciplina in materia di bonifica dei suoli contaminati, i riferimenti al “suolo” contenuti all’articolo 185, commi 1, lettere b) e c), e 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si interpretano come riferiti anche alle matrici materiali di riporto di cui all’allegato 2 alla parte IV del medesimo decreto legislativo”.

Il  D.L. n. 69/2013 ha aggiunto un nuovo periodo, precisando la natura di tali matrici materiali di riporto ai fini della stessa disposizione;  esse sono “costituite da una miscela eterogenea di materiale di origine antropica, quali residui e scarti di produzione e di consumo, e di terreno, che compone un orizzonte  stratigrafico specifico rispetto alle caratteristiche geologiche e  stratigrafiche  naturali del terreno in un determinato sito e utilizzati per la realizzazione di riempimenti, di rilevati e di reinterri”.

Tuttavia, ai sensi dei nuovi commi 2, 3 e 3bis dell’art. 3 del D.L. n. 2/2012 introdotti dal DL69/13, le matrici materiali di riporto per non essere considerate rifiuto, devono essere  sottoposte  a  test  di  cessione (…), ai fini  delle  metodiche  da utilizzare  per  escludere  rischi  di contaminazione delle acque sotterranee e, ove conformi ai limiti del test di cessione, devono rispettare quanto previsto dalla legislazione vigente in materia di bonifica dei siti contaminati.

Le matrici materiali di riporto che sono risultate non conformi ai limiti del test di cessione sono considerate fonti di contaminazione e come tali devono essere rimosse o assoggettate ad operazioni di trattamento che rimuovano i contaminanti.

Nel frattempo è iniziato l’iter di conversione del Decreto Legge n. 69/2013 e molto probabilmente le due norme in questione subiranno ulteriori modifiche.

Schematicamente rappresentiamo i campi di applicazione delle varie norme di riferimento per le TRS

schema semplificativo della normativa sulla TRS

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